BRANCACCIO Giovanni
Pozzuoli 1903-Napoli 1975

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galleria d'arte il triangolo
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Giovanni Brancaccio č stato interprete di una pittura sensuale, calda, dagli scenari prettamente meridionali. Entrato a far parte ne1 1927 del Gruppo Flegreo, assieme ad artisti giovani come Mercadante, Ciardo e De Val, Giovanni Brancaccio si dedica fin da ragazzo alle diverse tecniche grafiche e incisorie. Conseguito nel 1923 il diploma in Arti Grafiche e Decorazione presso l'Istituto d'Arte di Napoli, in questo stesso istituto insegna Incisione dal 1925 al 1935 e un anno dopo viene incaricato dell'insegnamento dell'Incisione nell'Accademia di Belle Arti. La sua scuola ideale, perņ, č il museo: attraverso la copia di quadri del Museo Nazionale egli acquisisce una ferma conoscenza della tecnica pittorica, ma soprattutto entra in contatto con la tradizione artistica napoletana senza intermediari. Ispirato ad un secentismo riletto in maniera originalissima, l'artista, vicino alla corrente a cui appartenevano Carena, Romagnoli e Ferrazzi, espone i primi quadri significativi della sua produzione intorno al 1932, anno in cui partecipa per la prima volta alla Biennale di Venezia. Nei primi anni Trenta Brancaccio si dedica anche alla scultura, risentendo palesemente della lezione di Arturo Martini (Studio, Bozzetto, Piccolo nudo, 1930). Successivamente la sua ispirazione , attraverso le influenze di Manet, Giorgione e Velązquez, approda a nuove soluzioni figurative: agli anni Trenta risalgono i bozzetti e le opere di grandi dimensioni dove vengono raffigurati rigogliosi nudi femminili immersi in paesaggi ricchi di acque, rigogliosi di verde boscaglia e di pioppi argentei. Di questo periodo sono da ricordare Scena campestre (1939), Ragazza allo specchio ( 1939) Nudo (1940), Giovinetta che suona il mandolino Bozzetto (1940) e Figure ( 1941). Il tema delle 'bagnanti', dal 1940 in poi, diviene una sorta di leit motiv anche se nel periodo della guerra in Brancaccio si registra un'evoluzione drammatica. Le stesse figure di prima si trovano in un'atmosfera di tempesta. Il mito della serenitą č squassato da visioni di violenza, le linee dei corpi assumono slanci espressionistici, si deformano; pare che lo spavento interiore per le grandi presenze invisibili non dia tregua al pittore: improvvise bufere si addensano intorno alle bagnanti che raccolgono in fretta i loro indumenti e fuggono prese dal panico.


 

Operaio sulla mietitrice, Olio su tavola, cm 30 x 50